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Il principe ranocchio o Enrico di Ferro

KHM 001

Nei tempi antichi, quando desiderare serviva ancora a qualcosa, c'era un re, le cui figlie erano tutte belle, ma la piu giovane era cosi bella che perfino il sole, che pure ha visto tante cose, sempre si meravigliava, quando le brillava in volto. Vicino al castello del re c'era un gran bosco tenebroso e nel bosco, sotto un vecchio tiglio, c'era una fontana. Nelle ore piu calde del giorno, la principessina andava nel bosco e sedeva sul ciglio della fresca sorgente. E quando si annoiava, prendeva una palla d'oro, la buttava in alto e la ripigliava; e questo era il suo gioco preferito.

Ora avvenne un giorno che la palla d'oro della principessa non ricadde nella manina ch'essa tendeva in alto, ma cadde a terra e rotolo proprio nell'acqua. La principessa la segui con lo sguardo, ma la palla spari, e la sorgente era profonda, profonda a perdita d'occhio. Allora la principessa comincio a piangere, e pianse sempre piu forte, e non si poteva proprio consolare. E mentre cosi piangeva, qualcuno le grido: "Che hai, principessa? Tu piangi da far pieta ai sassi." Lei si guardo intorno, per vedere donde venisse la voce, e vide un ranocchio, che sporgeva dall'acqua la grossa testa deforme. "Ah, sei tu, vecchio ranocchio!" disse, "piango per la mia palla d'oro, che m'e caduta nella fonte." - "Chetati e non piangere," rispose il ranocchio, "ci penso io; ma che cosa mi darai, se ti ripesco il tuo palla?" - "Quello che vuoi, caro ranocchio," disse la principessa, "i miei vestiti, le mie perle e i miei gioielli, magari la mia corona d'oro." Il ranocchio rispose: "Le tue vesti, le perle e i gioielli e la tua corona d'oro io non li voglio: ma se mi vorrai bene, se potro essere il tuo amico e compagno di giochi, seder con te alla tua tavolina, mangiare dal tuo piattino d'oro, bere dal tuo bicchierino, dormire nel tuo lettino: se mi prometti questo; mi tuffero e ti riportero la palla d'oro." - "Ah si," disse la principessa, "ti prometto tutto quel che vuoi, purche mi riporti la palla." Ma pensava: Cosa va blaterando questo stupido ranocchio, che sta nell'acqua a gracidare coi suoi simili, e non puo essere il compagno di una creatura umana!

Ottenuta la promessa, il ranocchio mise la testa sott'acqua, si tuffo e poco dopo torno remigando alla superficie; aveva in bocca la palla e la butto sull'erba. La principessa, piena di gioia al vedere il suo bel giocattolo, lo prese e corse via. "Aspetta, aspetta!" grido il ranocchio, "prendimi con te, io non posso correre come fai tu." Ma a che gli giovo gracidare con quanta fiato aveva in gola! La principessa non l'ascolto, corse a casa e ben presto aveva dimenticata la povera bestia, che dovette rituffarsi nella sua fonte.

Il giorno dopo, quando si fu seduta a tavola col re e tutta la corte, mentre mangiava dal suo piattino d'oro - plitsch platsch, plitsch platsch - qualcosa sali balzelloni la scala di marmo, e quando fu in cima busso alla porta e grido: "Figlia di re, piccina, aprimi!" La principessa corse a vedere chi c'era fuori, ma quando apri si vide davanti il ranocchio. Allora sbatacchio precipitosamente la porta, e sedette di nuovo a tavola, piena di paura. Il re si accorse che le batteva forte il cuore, e disse: "Di che cosa hai paura, bimba mia? Davanti alla porta c'e forse un gigante che vuol rapirti?" - "Ah no," disse lei, "non e un gigante, ma un brutto ranocchio." - "Che cosa vuole da te?" - "Ah, babbo mio, ieri, mentre giocavo nel bosco vicino alla fonte, la mia palla d'oro cadde nell'acqua. E perche piangevo tanto, il ranocchio me l'ha ripescata. E perche ad ogni costo lo volle, gli promisi che sarebbe diventato il mio compagno; ma non avrei mai pensato che potesse uscire da quell'acqua. Adesso e fuori e vuol venire da me." Intanto si udi bussare per la seconda volta e gridare:

"Figlia di re, piccina,
aprimi!
Non sai piu quel che ieri
m'hai detto vicino
alla fresca fonte?
Figlia di re, piccina,
aprimi!"

Allora il re disse: "Quel che hai promesso, devi mantenerlo; va' dunque, e apri." Lei ando e apri la porta; il ranocchio entro e, sempre dietro a lei, saltello fino alla sua sedia. Li si fermo e grido: "Solleva mi fino a te." La principessa esito, ma il re le ordino di farlo. Appena fu sulla sedia, il ranocchio volle salire sul tavolo e quando fu sul tavolo disse: "Adesso avvicinami il tuo piattino d'oro, perche mangiamo insieme." La principessa obbedi, ma si vedeva benissimo che lo faceva controvoglia. Il ranocchio mangio con appetito, ma a lei quasi ogni boccone rimaneva in gola. Infine egli disse: "Ho mangiato a sazieta e sono stanco. Adesso portami nella tua cameretta e metti in ordine il tuo lettino di seta: andremo a dormire." La principessa si mise a piangere; aveva paura del freddo ranocchio, che non osava toccare e che ora doveva dormire nel suo bel lettino pulito. Ma il re ando in collera e disse: "Non devi disprezzare chi ti ha aiutato nel momento del bisogno." Allora lei prese la bestia con due dita, la porto di sopra e la mise in un angolo. Ma quando fu a letto, il ranocchio venne saltelloni e disse: "Sono stanco, voglio dormir bene come te: tirami su, o lo dico a tuo padre." Allora la principessa ando in collera, lo prese e lo getto con tutte le sue forze contro la parete: "Adesso starai zitto, brutto ranocchio!"

Ma quando cadde a terra, non era piu un ranocchio: era un principe dai begli occhi ridenti. Per volere del padre, egli era il suo caro compagno e sposo. Le racconto che era stato stregato da una cattiva maga e nessuno, all'infuori di lei, avrebbe potuto liberarlo. Il giorno dopo sarebbero andati insieme nel suo regno. Poi si addormentarono. La mattina dopo, quando il sole li sveglio, arrivo una carrozza con otto cavalli bianchi, che avevano pennacchi bianchi sul capo e i finimenti d'oro; e dietro c'era il servo del giovane re, il fedele Enrico. Enrico si era cosi afflitto, quando il suo padrone era stato trasformato in ranocchio, che si era fatto mettere tre cerchi di ferro intorno al cuore, perche non gli scoppiasse dall'angoscia. La carrozza doveva portare il giovane re nel suo regno; il fedele Enrico vi fece entrare i due giovani, sali dietro ed era pieno di gioia per la liberazione.

Quando ebbero fatto un tratto di strada, il principe udi uno schianto, come se dietro a lui qualcosa si fosse rotto. Allora si volse e grido:

"Enrico, qui va in pezzi la carrozza!"
"No, padrone, non e la carrozza,
Bensi un cerchio del mio cuore,
Ch'era immerso in gran dolore,
Quando dentro alla fontana
Tramutato foste in rana."

Per due volte ancora si udi uno schianto durante il viaggio; e ogni volta il principe penso che la carrozza andasse in pezzi; e invece erano soltanto i cerchi, che saltavano via dal cuore del fedele Enrico, perche il suo padrone era libero e felice.

— FINE —

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